A CURA DI: Dott. Antonio Fusco

  • Longevità in salute

Longevità in salute

A CURA DI: Dott. Antonio Fusco

Quali sono gli esami di prevenzione?


La letteratura scientifica internazionale è unanime sulle evidenze che la Lipidomica di membrana cellulare è l'esame di riferimento per la misurazione dell'infiammazione cellulare, il d-ROMs per la misurazione dello stress ossidativo cellulare, la ricerca delle Small-dence LDL per il rischio di formazione della placca aterogena, l'Homa Index per la misurazione dell'insulino resistenza alla base di tutte le patologie metaboliche.
Questi esami, insieme ad altri, fanno parte del pacchetto che proponiamo al fine di deliniare il tuo rischio cardio-metabolico. Se vuoi approfondire ti consiglio di continuare a leggere per sapere come eseguire questi esami e, di seguito, le indicazioni di tutti questi esami con i relativi riferimenti scientifici.

Come eseguire gli esami....


Compila il form sottostante, ti verranno inviati il preventivo del costo degli esami e tutte le informazioni per eseguire il prelievo. La lettura degli esami fornirà un quadro sull'infiammazione cellulare, sull'ossidazione cellulare, sulla composizione del colesterolo LDL e sul metabolismo. I risultati, incrociati con i dati anmnestici e familiari raccolti attraverso un questionario che ti verrà inviato, concorreranno al calcolo del rischio cardio-metabolico che verrà inviato all'indiizzo mail da te indicato insieme ad una relazione completa. Nella relazione riceverai anche una password per accedere nella parte Approfondimenti del sito dove troverai, tra le altre cose, anche le informazioni e i consigli generali per iniziare un corretto percorso mirato alla longevità in salute. Se vuoi approfondire sugli esami consigliati, continuando a scorrere la pagina, troverai la descrizione dettagliata e i relativi riferimenti scientifici


Al momento i laboratori per eseguire il prelievo sono: 
Ancona (AN), Avezzano (AQ), Bastia Umbra (PG), Calcinelli (PU), Campobasso (CB), Castelfidardo (AN), Cavaso del Tomba (TV), Cesena (FC), Chiaravalle (AN),  Chiavari (GE), Civitanove Marche (MC), Fano (PU), Giulianova (TE), Jesi (AN), Latina (LT), Macerata (MC), Modena (MO), Montecchio (PU) Montegranaro (FM), Montesilvano (PE), Napoli (NA), Perugia (PG), Pesaro (PU), Pescara (PE), Peschiera del Garda (VR), Porto d'Ascoli (AP), Porto Sant'Elpidio (FM), Porto San Giorgio (FM), Priverno (LT), Roma (RM), Roseto (TE), San Benedetto del Tronto (AP), Sant'Elpidio a Mare (FM), Spoleto (PG),  Torri di Quartesolo (VI), Velletri (RM).

Si consiglia sempre nella richiesta degli esami di scrivere la citta di residenza così da essere inviati nel laboratorio più vicino.

 

Il Laboratorio vi contatterà indicativamente entro 3/5 gg dall'invio della vostra richiesta.

 

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Esami bioumorali

Sono esami del sangue di routine. Quelli più importanti ai fini della prevenzione sono sicuramente HOMA INDEX, HB GLICATA,VITAMINA D, FIBRINOGENO, FERRITINA, HDL, TRIGLICERIDI, OMOCISTEINA, APO-B, LIPOPROTEINA (Lpa).
In particolare il rapporto Trigliceridi/HDL riflette meglio di altri parametri quanto siamo in grado di ridurre l'infiammazione associata all'alimentazione.
E' un marker indiretto di insulino-resistenza, in particolare nel fegato, ma anche in altri organi sensibili all'insulina (muscoli, tessuto adiposo, cervello).
L'insulina è l'ormone che controlla gran parte del metabolismo che si svolge a livello epatico. Una delle prime conseguenze dell'infiammazione indotta dall'alimentazione nel fegato è lo sviluppo di insulino-resistenza proprio in quest'organo. Ne deriva una disfunzione nel processo di produzione di lipoproteine che sfocia in un aumento dei trigliceridi e una diminuzione del colesterolo HDL.
L'obiettivo è un rapporto Trigliceridi/HDL in feriore a 1 o non superiore a 2.
Un altro importantissimo marker clinico è l'Hb Glicosilata (Emoglobina glicosilata) che definisce sia la capacità di riparare il tessuto danneggiato dall'infiammazione cellulare sia di misurare indirettamente i livelli di stress ossidativo. Valori di Hb Glicosilata al di sopra di 5,1% sono la conseguenza della sovrapproduzione di radicali liberi, i quali, a loro volta, indicano che le cellule producono meno energia da destinarsi alla riparazione dei tessuti. 
Anche valori al di sotto di 4,9% devono essere oggetto di attenzione perchè potrebbero riflettere un aumento della secrezione di cortisolo volta a mantenere i livelli di glucosio nel sangue attraverso il processo della gluconeogenesi.
Il valore tra 4,9 - 5,1% è considerato ideale.
Gli esami bioumorali da soli però non sono sufficienti per dare un quadro completo sul rischio cardio-metabolico futuro (vedi spiegazione più avanti). Sono comunque esami da eseguire prima di una eventuale visita clinica cardiologica di prevenzione.
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Figura 1. Ipotesi della “Oxidative Modification” nella patogenesi dell’aterosclerosi.
Nella figura sopra viene schematizzata la formazione delle cellule schiumose nelle lesioni aterosclerotiche. L'LDL nativo penetra all'interno della tonaca intima arteriosa e qui viene ossidato per poi essere fagocitato dai macrofagi, che diventano Cellule Schiumose (Foam Cells) ad alto contenuto lipidico. L’OxLDL ha un’affinità inferiore rispetto ai recettori delle LDL ed un’affinità molto più alta rispetto ai recettori di cattura dei macrofagi.
Hiroyuki Itabe. Oxidized low-density lipoprotein as a biomarker of in vivo oxidative stress: from atherosclerosis to periodontitis. J. Clin. Biochem. Nutr. | July 2012 | vol. 51 | no. 1 | 1–8


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Figura 2.
Holvoet et al. Oxidized LDL and Malondialdehyde-Modified LDL in Patients With Acute Coronary Syndromes and Stable Coronary Artery Disease. Circulation. 1998; 98:1487-1494
La patogenesi dell’aterosclerosi include la suscettibilità genetica e una varietà di fattori di rischio cardiovascolari ed influenze ambientali. Evidenze sperimentali sempre più solide suggeriscono che, in associazione ai fattori di rischio cardiovascolari “classici”, i fenomeni infiammatori ricoprono una posizione di rilievo nella dinamica del processo aterosclerotico coronarico e delle Sindromi Coronariche Acute (SCA). Pertanto i markers sistemici di infiammazione stanno assumendo un ruolo sempre più importante nella stratificazione prognostica e nella gestione terapeutica dei pazienti con SCA. Questa risposta infiammatoria è sostenuta e/o stimolata dallo stress ossidativo, che può costituire la connessione tra i disturbi lipidici e l’infiammazione. Da oltre 20 anni è noto che lo stress ossidativo, in particolare l’ossidazione delle LDL, può influenzare lo sviluppo della malattia aterosclerotica e che alcuni marcatori di ossidazione delle LDL (LDL ossidate circolanti, autoanticorpi anti-LDL ossidate) potrebbero essere utili nel valutare il rischio di sviluppo di patologia nei pazienti. Le lipoproteine a bassa densità (LDL=Low Density Lipoprotein) sono le principali proteine di trasporto per il colesterolo nel plasma umano.
Il colesterolo LDL, a volte indicato come il colesterolo "cattivo", è ancora più pericoloso quando diventa ossidato. Le LDL ossidate sono più reattive con i tessuti circostanti e possono depositarsi all'interno del rivestimento delle arterie.  Macrofagi, colesterolo e altri lipidi sono i partner implicati nella formazione di placche con rischi cardiovascolari conclamati (aterosclerosi).
Gli eventi iniziali dell'aterogenesi vanno identificati nel danno dell'endotelio e nell'accumulo e modificazione (aggregazione, ossidazione e/o glicosilazione) delle lipoproteine a bassa densità (LDL) nell'intima delle arterie, due eventi che si verificano precocemente e che si potenziano a vicenda. Penetrati nell'intima, i macrofagi fagocitano le lipoproteine modificate e, a causa dell'impossibilità di metabolizzare il colesterolo in esse contenuto, si trasformano nelle cellule schiumose (o spumose) caratteristiche delle strie lipidiche (fatty streaks).

Nell’ipotesi della “modificazione ossidativa” nella patogenesi dell’aterosclerosi descritta nella Figura 1, due sono gli eventi inziali che in modo sinergico danno via alla placca aterogena:
  1. Ossidazione, cioè modificazione, delle LDL da parte di agenti chimici altamente reattivi (stress ossidativo)
  2. Infiammazione, processo biologico in cui avviene l’espressione di molecole di adesione sulla membrana cellulare e della secrezione di sostanze biologicamente attive e chemiotattiche come citochine, fattori di crescita e radicali liberi; queste sostanze favoriscono il richiamo e la successiva infiltrazione di leucociti (globuli bianchi), con trasformazione dei monociti in macrofagi.
In Figura 2 vengono evidenziati i valori di LDL-ossidate correlati con gruppi di controllo e gruppi con sintomi coronariche conclamate (SCA), riportati in un importante rivista medica.

La comunità scientifica sta dando sempre più importanza al controllo dell’infiammazione e ossidazione per un discorso di prevenzione e longevità del paziente, sia per rischio di patologie cardiovascolari che degenerative legate all’invecchiamento e all’inflammaging (cancro, Alzheimer, Parkinson etc.).
I markers ad oggi riconosciuti dalla comunità scientifica per il controllo dell’infiammazione e ossidazione e la prevenzione di patologie cardiovascolari e degenerative, che possono avere un valore aggiunto rispetto ai normali markers di routine quali pannello lipidico classico (colesterolo totale, colesterolo-LDL, colesterolo-HDL, Trigliceridi), hs-PCR, fibrinogeno, acido urico sono:
  1. LDL-ossidate
  2. Small-Dense LDL (sd-LDL)
  3. d-ROMs
  4. Lipidomica su membrana eritrocitaria
 

 

Esami cellulari


Se si vuole approfondire e conoscere la percentuale di rischio di eventi acuti o cronici negli anni successivi bisogna eseguire esami del sangue quali LIPIDOMICA DI MEMBRANA ERITROCITARIAD-ROMs, SMALL-DENSE LDL. Rispettivamente sono esami che valutano il grado di infiammazione cellulare silente, lo stress ossidativo cellulare, e le caratteristiche del colesterolo LDL per evidenziare la presenza di eventuali caratteristiche patologiche alla base di un aumento del rischio futuro di formazioni di placche aterogene. Tali esami vengono esaminati solo in alcuni laboratori altamente specializzati.
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La collaborazione con biochimici, biologi e centri di ricerca universitari hanno portato alla costruzione di database che correlino determinati markes clinici con il rischio dell'insorgenza di patologie degenerative.
Nella Figura 1 viene evidenziato uno studio osservazionale retrospettivo condotto su una popolazione oncologica (n=38), una popolazione di controllo (n=30) e una popolazione con una alimentazione controllata a basso indice glicemico (n=24). La determinazione dell'Acido Arachidonico tramite Lipidomica eritrocitaria evidenzia in modo significativo come nella popolazione oncologica l'Acido Grasso Omega_6 potrebbe avere un ruolo decisivo nell'insorgenza della patologia in chiave infiammatoria. La sua determinazione e valutazione nel rischio di inflammaging è sicuramente un fattore importante nella prevenzione oncologicica.
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Figura 1. Determinazione dell'Acido Arachidonico tramite Lipidomica eritrocitaria. I dati sono stati costruiti in collaborazione con il Dr. Fusco, la Dr.ssa Virgili esperta in nutrizione oncologica e Dr. Cuccioloni dell'Università di Camerino. I dati sono in pubblicazione.
Nella Figura 2 viene descritto il markers di rischio pro-infiammatorio AA/EPA ottenuto dalla Lipidomica eritrocitaria su quattro popolazioni: i) alimentazione a regime controllato nel rapporto Omega_6/Omega_3 (n=24) ii) controllo (n=44) ii) cancro (n=33) iv) diagnosi di patologie neuro-infiammatorie ed autoimmuni(n=70).
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Figura 2. Determinazione del rapporto pro-infiammatorio AA/EPA tramite Lipidomica eritrocitaria in quattro popolazioni. I dati sono stati costruiti in collaborazione con il Dr. Fusco, la Dr.ssa Virgili esperta in nutrizione oncologica ed un centro di ricerca dell'Università di Camerino.
Entrambi gli studi in via di pubblicazione sottolineano come ci siano markers in grado di stimare l'inflammaging di basso grado, darne una precisa valutazione in termini di rischio, permettendo di agire sulla prevenzione di patologie degenerative. Questi markers avranno sempre di più una importanza strategica in ambito clinico per costruire percorsi di medicina integrata di precisione, differenziati e individuali.

Lipidomica di membrana eritrocitaria

Come le altre "(-)omiche" (es. genomica, proteomica) che si occupano in modo dinamico di molecole che esistono negli organismi viventi, la lipidomica permette di valutare, su diverse matrici biologiche, le unità fondamentali delle classi di acidi grassi che compongono le nostre membrane cellulari: SFA (Acidi grassi saturi), MUFA (Mono Acidi grassi insaturi), PUFA (Poli acidi grassi insaturi). Ne studia non solo la struttura, ma anche la funzione e le variazioni (rapporti tra acidi grassi) che vengono a determinarsi in diverse condizioni fisio-patologiche, mettendo in stretta relazione le componenti di membrana con lo stato nutrizionale del paziente e con le sue disfunzioni metaboliche (cambiamenti ormonali, insulino resistenza, obesità etc.).
Nei recenti studi scientifici si è sempre più evidenziato l'effetto cruciale degli acidi grassi legato al corretto funzionamento dei canali ionici e al corretto trasferimento di molecole biologicamente attive attraverso la membrana. È evidente come l'organizzazione della membrana non produca solo un effetto strutturale, ma anzi sia il punto chiave della regolazione e taratura dell'intero funzionamento cellulare. Da ciò la definizione della membrana come pacemaker metabolico per indicare il ruolo di questo compartimento che non può più essere considerato spettatore passivo, ma anzi diviene protagonista attivo della vita e del destino cellulare .
La letteratura scientifica negli ultimi anni ha sottolineato come attraverso la lipidomica su membrana eritrocitaria (globulo rosso) possono essere utilizzati degli indici molto robusti per individuare carenze alimentari, deficit nutrizionali, disfunzioni metaboliche. Questi indici possono essere così elencati:
Evidenti sono le correlazioni tra deficit gravi di DHA eritrocitario con forme di autismo, cefalee croniche e stati depressivi con sbilanciamento serotoninergico .
Le linee guida del SINU (Società Italiana Nutrizione Umana), individuano la Lipidomica Eritrocitaria quale marker(s) indispensabile per individuare carenze di DHA nelle alimentazioni vegetariane e vegane non controllate, in quanto prive di fonti primarie (Omega_3 da pesce) per l'assunzione degli Acidi Grassi Essenziali Omega_3 .

L'Omega-3 Index su membrana eritrocitaria è da molti considerato uno dei principali biomarker(s) per le patologie cardiovascolari e recentemente correlato all'aumento di patologie oncologiche . L'indice è la somma dei PUFA Omega_3 (DHA + EPA, gli Omega_3 da pesce) e ci indica se l'apporto nutrizionale è deficitario, buono o ottimale secondo linee guida internazionali . L'apporto dietetico è indispensabile e cruciale in quanto i PUFA a differenza dei SFA e MUFA non possono essere sintetizzati a livello endogeno ma possono essere assunti solamente dalla dieta, da qui la definizione, per larga parte sottovalutata, di Acidi Grassi Essenziali (EFA: Essential Fatty Acids).

La determinazione del rapporto Omega-6/Omega-3 e di Omega-6 pro-infiammatori (quali l'Acido Arachidonico) su membrana eritrocitaria è ad oggi il test più significativo per individuare la persistenza di infiammazioni silenti ed è uno dei principali marker(s) utilizzati dal biochimico di fama internazionale Barry Sears nella lotta all'infiammazione cronica . Mentre il rapporto tra grassi saturi e insaturi va progressivamente migliorando all'interno della popolazione, il rapporto tra PUFA Omega-6 e Omega-3, la cui proporzione ideale si situa tra 4:1 e 2:1, è attualmente così squilibrato che l'ultimo rapporto della FDA statunitense parla di un rapporto medio nella comune alimentazione di ben 25:1 (in Europa siamo attorno al 15:1) . Individuare un rapporto Arachidonico/EPA molto alto nella membrana eritrocitaria sottolinea una cascata pro-infiammatoria che non viene neutralizzata dagli Omega_3 anti-infiammatori. Tale segnale infiammatorio può essere il sintomo di carenze di PUFA Omega_3, alimentazione satura in PUFA Omega_6 (cereali, prodotti da forno, oli di semi), segnali ormonali, insulinemia, disfunzioni metaboliche.

Individuare il pattern lipidico ottimale per longevità ed Invecchiamento. Numerosi e recenti trials clinici hanno utilizzato l'esame di Lipidomica eritrocitaria per predire il fattore di rischio per tutte le cause di mortalità. Nello studio Framingham Offspring Cohort 2260 pazienti senza patologie CAD evidenti e pregresse sono stati monitorati per 11 anni . In questo periodo 8 fattori di rischio classici più utilizzati (età, sesso, colesterolo totale, colesterolo-HDL, ipertensione, fumo, diabete II) sono stati correlati a markers estrapolati dalla Lipidomica eritrocitaria con tutte le cause di mortalità. L'enorme studio ha indicato come l'Omega_3 Index abbia una correlazione a tutte le cause di mortalità almeno pari ad altri 6 markers classici di rischio CAD ed i migliori modelli nella previsione di rischio cardio metabolico includono la lipidomica eritrocitaria insieme a fumo di sigaretta e diabete II. Un altro autorevole studio condotto su 2500 partecipanti (età media maschile 66 anni, femminile 54 anni) nel Framingham Heart Study ha portato ad individuare come un elevato Omega_3 Index abbia una correlazione inversa per tutte le cause di mortalità, per mortalità che non includono patologie cardio-vascolari e oncologiche e per eventi CAD (arresti cardiaci e patologie ischemiche). Gli autori hanno individuato come i pazienti che hanno un Omega_3 Index >6.8% hanno una riduzione sia del 35% di incorrere a tutte le cause di mortalità che del 39% ad eventi CAD rispetto a pazienti con un basso Omega_3 Index (<4.2%). Gli stessi autori hanno sottolineato come elevati livelli di Omega_3 presenti nella membrana eritrocitaria siano associati a longevità e riduzione significativa di eventi CAD. Inoltre diversi studi usciti negli ultimi anni hanno evidenziato come variazioni nel profilo lipidomico di acidi grassi mono-insaturi (MUFA) e acidi grassi saturi (SFA) possano essere la spia di dis-metabolismi correlati al rischio oncologico, obesità ed insulino resistenza mediante feedback endogeni come riportato da Berrino per il tumore al seno .

Individuare il corretto contenuto di DHA. Il DHA è un acido grasso Omega-3 ed è il principale componente del cervello, tanto che nelle membrane nervose e sinaptosomali plasmatiche rappresenta circa un 35% della porzione acidica totale. Proprio per questo, esso è essenziale per il corretto sviluppo neurale del bambino e più in generale per la plasticità sinaptica.

Perché utilizzare la membrana del globulo rosso? Essa riflette l'apporto dietetico a medio termine, ed è anche più stabile di quella dei lipidi plasmatici, che fluttuano secondo l'apporto a breve termine. Inoltre l'eritrocita maturo non può più biosintetizzare lipidi, perciò la sua stabilità di membrana dipende anche dagli scambi che effettua con le lipoproteine circolanti. Infine, essendo la vita media dell'eritrocita di 120 giorni, il monitoraggio di un cambiamento nella biosintesi o apporto dietetico sulla composizione delle membrane può essere ottenuto con prelievi a distanza di circa 4 mesi l'uno dall'altro
 

L'OSSIDAZIONE COME DANNO CELLUARE

Insieme alla Lipidomica di membrana rappresenta l'altro esame fondamentale per la prevenzione.
Misura il bilanciamento tra la quantità di radicali che si formano nella cellula e il potere antiossidante, cioè lostress ossidativo cellulare.
Con questo esame è possibile rilevare la necessità di integrazione antiossidante e verificarne l'efficacia.
Come la Lipidomica di membrana anche questo esame è fondamentale nella patogenesi delle malattie quindi fortemente predittivo, quando patologico, di possibili malattie future. Insieme agli altri esami cellulari contribuisce alla determinazione di una percentuale di rischio.

La determinazione dell'ossidazione: d-ROMs TEST
Lo stress ossidativo costituisce un fattore emergente di rischio per la nostra salute perché risulta associato non solo all'invecchiamento precoce ma anche ad una lunga serie di malattie molto comuni ed invalidanti. Purtroppo, rispetto a queste condizioni morbose, lo stress ossidativo è molto più subdolo da diagnosticare. Esprimendosi a livelli molecolari, infatti, non dà luogo a sintomi caratteristici, ma si cela dietro al quadro clinico della malattia di base. Il progressivo declino delle funzioni di un organismo viene comunemente associato alla presenza di stress ossidativo non facilmente riparabile. Di contro, l'esercizio fisico aerobico, moderato e regolare, contribuisce a contrastare il declino fisiologico proprio dell'invecchiamento con riduzione del rischio di patologie tipiche dell'età e correlate allo stress ossidativo. In realtà, a livello metabolico l'attività fisica genera specie reattive dell'ossigeno (ROS) che, se prodotte a livelli moderati, sono in grado di modulare la contrazione muscolare, generare risposte fisiologiche e stimolare una risposta adattativa. Questa consiste in un'azione protettiva con conseguente modulazione della espressione di proteine coinvolte in pathways molecolaridi risposta allo stress (Heat Shock Proteins, HSPs; Sirtuine, Signori; Uncopouling proteins, UCP) e nella biogenesi mitocondriale. A tutto ciò si associa, inoltre, la rimozione dei mitocondri vecchi e malsani attraverso dinamica mitocondriale e autofagia. Nella cellula esistono almeno 5 processi fisiologici che producono ROS:1. REAZIONI DI OSSIDO RIDUZIONE:
Mitocondrio (Citocromo Ossidasi)
2. SISTEMA IMMUNITARIO: Sistema immunitario (Neutrofili)
3. CATABOLISMO SOSTANZE XENOBIOTICHE: Reticolo Endoplasmatico Liscio, Perossisomi (Citocromo P450)
A concentrazioni moderate i ROS partecipano attivamente ad una varietà di processi biologici complessi, quali la trasduzione del segnale, il controllo dell'espressione genica, l'apoptosi. Molti dei fattori di trascrizione cellulari Nrf2, p53 e NF-kB (attivazione citochine pro-infiammatorie) sono regolati dai ROS. È evidente quindi l'importanza dei ROS come molecole segnale che mettono in comunicazione le cellule con l'ambiente esterno. Le cellule rispondono allo stress ossidativo attivando la trascrizione di geni coinvolti nella risposta antiossidante. L'espressione della maggior parte di questi geni è regolata dal fattore trascrizionale Nrf-2. Per questo i radicali liberi sono definiti insostituibili "compagni di VIAGGIO" della vita di qualsiasi organismo. Alla luce di queste osservazioni il problema dei radicali liberi sussiste solo quando si verifica una incontrollata e eccessiva produzione di queste specie reattive. Nei sistemi biologici i ROS vengono generati ed eliminati continuamente, alcuni agenti esogeni, tuttavia, possono incrementarne la produzione, anche con meccanismo diretto (Figura 1-10).

Per questo motivo, gli organismi viventi hanno sviluppato nel corso di millenni di evoluzione un complesso sistema di difesa antiossidante, costituito da un insieme di enzimi, di vitamine, di oligoelementi ed altre sostanze simil-vitaminiche. Tali antiossidanti possono essere classificati secondo diversi criteri: sulla base dell'origine, in endogeni ed esogeni, sulla base della natura chimica, in enzimatici e non enzimatici, e sulla base della solubilità, in liposolubili e idrosolubili.
Il sistema antiossidante comprende alcuni enzimi (superossido dismutasi SOD, Catalasi e Glutatione Perossidasi) ed una serie di sostanze assunte dall'esterno (vitamine e sostanze analoghe ad attività antiossidante, quali i polifenoli, oligoelementi quali selenio e zinco ecc). Alcuni di questi agenti sono liposolubili (es. tocoferoli) e, entrando nella compagine delle biomembrane, costituiscono la prima linea di difesa contro l'attacco dei radicali liberi. Altri, invece, sono idrosolubili (es. ascorbato) ed intervengono soprattutto nel contesto della matrice solubile del citoplasma e degli organuli cellulari.

La produzione trasformazione e metabolismo dei radicali, sono processi finemente regolati e che un malfunzionamento di questi processi può portare all'instaurarsi di un danno tissutale di tipo infiammatorio. La cronicizzazione del fenomeno infiammatorio è a sua volta una delle maggiori cause dell'invecchiamento cellulare, dello sviluppo di alcuni tumori e dell'instaurarsi di malattie neurodegenerative e cardiovascolari. Trasferendo il discorso all'intero organismo, possiamo definire lo stress ossidativo come una particolare forma di stress chimico indotto dalla presenza di una quantità eccessiva di specie reattive per un'aumentata produzione delle stesse e/o per una ridotta capacità di smaltirne le quantità comunque prodotte. Fra i vari meccanismi cito- ed isto-lesivi assume rilevante importanza quello correlato con la formazione degli idroperossidi. Questo meccanismo, tipico delle reazioni radicaliche a catena, viene innescato dall'attacco, da parte di un ROS di un generico substrato organico (es. un glicide, un lipide, un amminoacido, un nucleotide ecc.). A causa della potenziale tossicità, si ritiene che gli idroperossidi vengano espulsi dalla cellula ed immessi nei fluidi circolanti, fra cui il sangue. Nel plasma, quindi, se esistono condizioni tali da indurre il rilascio di ferro allo stato ionico dalle proteine circolanti (es. un'acidosi transitoria), si innescherà la reazione di Fenton che genererà ancora una volta radicali alcossile e idroperossile che amplificheranno il danno a livello delle LDL (ossidazione delle LDL) e, soprattutto, dell'endotelio (infiammazione endoteliale). In ogni caso, gli idroperossidi plasmatici essendo relativamente stabili, possono essere opportunamente messi in evidenza equantificati,dando quindi una misura DIRETTA del danno ossidativo che sta "subendo" il paziente. Si è ripetutamente sottolineato che lo stress ossidativo è la conseguenza della rottura di un equilibrio tra produzione di specie reattive ed efficienza dei sistemi di difesa antiossidanti. Questo squilibrio porta ad un eccesso di metaboliti reattivi dell'ossigeno, quali gli idroperossidi (ROOH) che, versati in circolo, vanno a costituire i marcatori e gli amplificatori del danno tissutale e, in definitiva, i responsabili ultimi, insieme ad altri prodotti di ossidazione, dell'invecchiamento e delle patologie correlate con lo stress ossidativo. In tale contesto, poiché la perossidazione dei lipidi di membrana è uno dei più comuni meccanismi del danno indotto dai ROS, il dosaggio degli idroperossidi fornisce un'indicazione molto affidabile dello status pro-ossidante di un individuo. Il d-ROMs test consente di determinare, in un campione biologico, la concentrazione degli idroperossidi (ROOH), generati nelle cellule dall'attacco ossidativo dei ROS su svariati substrati biochimici (glucidi, lipidi, amminoacidi, proteine, nucleotidi ecc.). La sigla ROM vuole sottolineare che gli analiti misurati dal test, gli idroperossidi, sono dei metaboliti reattivi dell'ossigeno (Reactive Oxygen Metabolites, ROM).
Uno dei test più efficaci è stato sviluppato dal ricercatore italiano Carratelli e oggi utilizzato in numerosi trials clinici. Il test, eseguito su plasma, ha il vantaggio di avere risposte che possono essere lette ed interpretate da un laboratorio ad un altro. Il d-ROMs test si è dimostrato validissimo nell'individuazione di soggetti a rischio di stress ossidativo per fattori legati allo stile di vita, quali quali il fumo di sigaretta, l'assunzione di bevande alcoliche, l'attività fisica inadeguata ed il sovrappeso. Il sovrappeso e, in maggior misura, l'obesità, anche se lieve, tendono ad associarsi a livelli mediamente più elevati di idroperossidi nel siero rispetto ai soggetti normopeso. A questo proposito, uno studio comparativo ha dimostrato che un indice di massa corporea (BMI) superiore a 30, una condizione che corrisponde ad un'obesità di I° grado secondo la classificazione dell'OMS, si associa a valori del d-ROMs test significamene più elevati di quelli rilevati nel gruppo normopeso di controllo (BMI<23), a parità di ogni altra condizione.

Oltre che nell'identificare soggetti a rischio per stress ossidativo in rapporto allo stile di vita, il d- ROMs test si è dimostrato estremamente utile anche nell'individuare e quantificare squilibri del bilancio redox associati a situazioni patologiche.
Una recentissima pubblicazione internazionale su rivista di cardiologia ha sottolineato con uno studio condotto su 256 pazienti l'utilità del test nella prevenzione del rischio cardiovascolare . I ricercatori hanno determinato un cut off limite (395 U. Carratelli): pazienti con un d-ROMs maggiore hanno una probabilità più alta di andare incontro a patologie cardiovascolari.
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Figura 1.

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Figura 2. Il colesterolo LDL potrebbe sottostimare il numero di particelle LDL in soggetti con una prevalenza di small dense LDL. Nella figura sopra la concentrazione colesterolo-LDL è identica sia nel fenotipo A che nel fenotipo B. Poiché le particelle LDL contengono solamente una molecola di APO-B, la concentrazione di APO-B è molto alta nel fenotipo B, in cui si ha una prevalenza di sdLDL rispetto al fenotipo A con una prevalenza di IbLDL.
CH: contenuto di colesterolo nelle particelle LDL; IbLDL: particelle LDL grandi e galleggianti; sdLDL: particelle LDL piccole e dense.
Helena Vaverkova. LDL‑C or apoB as the best target for reducing coronary heart disease: should apoB be implemented into clinical practice? Clin. Lipidol. (2011) 6(1), 35–48

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Figura 3. Nell’Ipotesi della “Oxidative Modification” nella patogenesi dell’aterosclerosi, le OxLDL sono generate nei tessuti della parete dei vasi nella fase iniziale dell’aterogenesi. Le OxLDL circolano tra la parete del vaso e si accumulano gradualmente nel tempo nelle lesioni premature. Durante la rottura della placca aterogena, si viene a formare un trombo con l’occlusione del flusso sanguigno. Nella fase acuta (stadio in cui si possono avere valori di hs-pcr elevati) dopo la rottura della placca, una larga quantità di OxLDL e OxLDL degradate vengono rilasciate in circolo: in questo lasso di tempo si hanno picchi elevati di OxLDL plasmatici e un aumento della concentrazione plasmatica di OxLDL è stata dimostrata nei pazienti con instabilità di placca (Holvoet P. et al. Oxidized low density lipoprotein is a prognostic marker of transplant-associated coronary artery disease. Arterioscler Thromb Vasc Biol 2000; 20: 698–702).
OxLDL: LDL ossidate; OxLDL Foam Cell: placca schiumosa lipidica generata da LDL ossidate.

Small-Dense LDL

Che cosa sono le small-dense LDLs
Le lipoproteine a bassa densità (LDLs; Low-Density Lipoproteins) sono particelle deputate al trasporto dei lipidi in tutto l’organismo. Ciascuna particella contiene una combinazione di proteine, colesterolo, trigliceridi e molecole fosfolipidiche (Figura 1). Le particelle di LDLs circolanti hanno dimensioni, densità e composizioni chimiche eterogenee, e possono essere classificate in due fenotipi distinti: il fenotipo A è associato a LDLs più grandi e a densità più bassa, mentre il fenotipo B mostra una predominanza di particelle piccole e dense (small-dense LDLs, sd-LDL) .
Perché misurare le sd-LDL
Concentrazioni elevate di lipoproteine ​​LDL piccole e dense (sd-LDL) si correlano positivamente con il rischio di malattia vascolare coronarica (CVD): sono particelle altamente aterogene a causa della loro maggiore penetrazione nella parete arteriosa (“small-dense”), con una minore affinità di legame per il recettore LDL che comporta un’emivita in circolo più prolungata, e una conseguente maggior esposizione – quindi minor resistenza – agli agenti ossidanti dei ROS (sono cioè le particelle LDL più facilmente ossidabili) . Secondo il National Cholesterol Education Program (NCEP), solo la metà della percentuale del rischio di malattia coronarica può essere attribuita a fattori di rischio convenzionali (cioè LDL, HDL e trigliceridi). Altri fattori più specifici aumentano il potere predittivo di malattie cardiovascolari e selezionano individui a rischio che altrimenti potrebbero non essere inclusi. Le LDL piccole e dense costituiscono uno di questi indicatori più sensibili, e possono essere indipendenti dagli altri fattori di rischio convenzionalmente utilizzati negli ultimi cinquant’anni . Inoltre, le ultime Review internazionali hanno evidenziato una bassa correlazione tra colesterolo-LDL e mortalità negli individui sopra i 60 anni, ponendo dei punti interrogativi sull’ipotesi del colesterolo-LDL quale marker di rischio cardiovascolare principale .
Le sd-LDL nella Sindrome Metabolica
La Sindrome Metabolica (detta anche sindrome da insulino-resistenza) è una combinazione pericolosa di alcuni fattori di rischio cardiovascolare che, correlati tra loro, possono dare forma ad un quadro clinico più facilmente esposto al rischio di infarto o ictus. Diversi studi clinici hanno evidenziato la forte correlazione tra l’elevato numero di sd-LDL e markers che caratterizzano il “fenotipo lipoproteico pro-aterogeno” (Trigliceridi e Apo-B elevati, bassi livelli di colesterolo-HDL) che spesso coesistono senza evidenti aumenti del colesterolo-LDL .
L’apolipoproteina B (Apo-B) è una componente di tutte le particelle aterogene o potenzialmente aterogene, incluse le VLDL, le lipoproteine a densità intermedia (IDL), le LDL e la lipoproteina(a) , nelle quali ogni particella lipoproteica contiene una molecola di apo B. Apo B, quindi, fornisce una misura diretta del numero di lipoproteine aterogene in circolo. Anche nei soggetti che presentano ipertrigliceridemia, la maggior parte dell’Apo-B plasmatica è associata al colesterolo-LDL, il che rende questa apolipoproteina un buon indicatore del numero di particelle LDL (LDL-P), piuttosto che della loro concentrazione (LDL-C).
Nella Figura 2 sotto sono evidenziati due diversi esempi (fenotipo A non aterogeno e fenotipo B aterogeno), in cui si ha la stessa concentrazione di colesterolo-LDL, ma valori di Apo-b differenti (con marcata prevalenza nel fenotipo B) a causa della diversa distribuzione delle sd-LDL .
Nel 2013, l’Associazione Americana di Chimica Clinica (AACC), ha redatto un documento dove si pongono a confronto - come indicatori di aterogenesi – i classici marcatori lipidici con l’Apolipoproteina B (Apo-B) e le particelle sd-LDL; dallo studio è emerso come questi ultimi indicatori siano specificamente più predittivi del rischio cardiovascolare, rispetto al colesterolo-LDL comunemente usato .
L’ipotesi ossidativa nei processi aterogeni
La patogenesi dell’aterosclerosi include la suscettibilità genetica e una varietà di fattori di rischio cardiovascolari ed influenze ambientali. Evidenze sperimentali sempre più solide suggeriscono che, in associazione ai fattori di rischio cardiovascolari “classici”, i fenomeni infiammatori ricoprono una posizione di rilievo nella dinamica del processo aterosclerotico coronarico e delle Sindromi Coronariche Acute (SCA). Pertanto i markers sistemici di infiammazione stanno assumendo un ruolo sempre più importante nella stratificazione prognostica e nella gestione terapeutica dei pazienti con SCA. Questa risposta infiammatoria è sostenuta e/o stimolata dallo stress ossidativo, che può costituire la connessione tra i disturbi lipidici e l’infiammazione. Da oltre 20 anni è noto che lo stress ossidativo, in particolare l’ossidazione delle LDL, può influenzare lo sviluppo della malattia aterosclerotica
Il colesterolo LDL è ancora più pericoloso quando diventa ossidato, vedi Figura 3. Le LDL ossidate sono più reattive con i tessuti circostanti e possono depositarsi all'interno del rivestimento delle arterie.  Macrofagi, colesterolo e altri lipidi sono i partner implicati nella formazione di placche con rischi cardiovascolari conclamati (aterosclerosi).
Gli eventi iniziali dell'aterogenesi vanno identificati sia nel danno dell'endotelio, sia nell'accumulo e la modificazione (per aggregazione, ossidazione e/o glicosilazione) delle lipoproteine a bassa densità (LDL) nell'intima delle arterie, due eventi che si verificano precocemente e che si potenziano a vicenda. Penetrati nell'intima, i macrofagi fagocitano le lipoproteine modificate e, a causa dell'impossibilità di metabolizzare il colesterolo in esse contenuto, si trasformano nelle cellule schiumose (o spumose) caratteristiche delle strie lipidiche (fatty streaks).
Questa ipotesi, sempre più accreditata dalle ultime Review internazionali , dà una nuova e importante rilevanza alla determinazione delle sd-LDLs, per la loro suscettibilità molto più alta alla modificazione ossidativa da parte dei ROS. Vi è infatti una marcata correlazione tra l’aumento delle sd-LDLs e l’aumento delle LDL-ossidate.

sd-LDL markers del futuro
Molte Review internazioni hanno oramai stabilito che quantità elevate di LDL nel plasma non giustificano da sole l'aterogenicità associata a queste particelle, ed è significativo che livelli plasmatici simili di LDL possono essere associati a gradi diversi di rischio cardiovascolare. Livelli simili di LDL-C possono essere associati a diversi gradi di rischio CV e l'utilizzo di LDL-C per valutare il rischio di CHD correlato al colesterolo sottostimerà il rischio effettivo negli individui che possiedono livelli ottimali di LDL-C ma alti livelli di sd-LDL. Secondo le attuali linee guida AACE (2017), sdLDL è stato incluso come un “fattore di rischio addizionale” per ASCVD, insieme con obesità, storia familiare, apolipoproteina B elevata, ipertrigliceridemia, PCOS e triade dislipidemica (costituita da ipertrigliceridemia, bassi livelli di HDL-C ed un eccesso di sdLDL-C) .

Pannello di rischio cardio-metabolico


E' il risultato di un incrocio dei dati da informazioni sulla familiarità raccolti con un questionario e da esami di prevenzione e cellulari prima descritti.
Tale pannello è stato costruito seguendo tutti i criteri più importanti e recenti presenti in letteratura scientifica.
E' in grado di fornire dati sul rischio futuro di tipo cardiologico e metabolico
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