L’insulina è un ormone essenziale per la vita: senza di essa, il nostro corpo non potrebbe
utilizzare correttamente i nutrienti che introduciamo con l’alimentazione. Possiamo immaginarla
come un direttore d’orchestra che coordina l’ingresso del glucosio nelle cellule, consentendo loro di
produrre l’energia necessaria per funzionare.
Il glucosio, a sua volta, è una molecola fondamentale che circola liberamente nel sangue, come
un viaggiatore che percorre le strade del nostro organismo alla ricerca della giusta destinazione.
Tuttavia, pur essendo così importante, il glucosio da solo non può entrare nelle cellule: ha bisogno
di un lasciapassare, di una chiave che gli apra la porta.
Ed è qui che entra in gioco l’insulina.
Alcuni tessuti, come i muscoli, il cuore e il tessuto adiposo, possiedono recettori di membrana
sensibili all’insulina. Quando questa si lega ai suoi recettori – proprio come una chiave che si
inserisce perfettamente nella serratura – attiva un particolare meccanismo: fa comparire sulla
superficie della cellula delle piccole "porte" chiamate GLUT-4 (trasportatori di glucosio).
Grazie a questo meccanismo, il glucosio può finalmente
varcare la soglia ed entrare nella cellula, dove verrà utilizzato per produrre energia.
Questo processo è straordinariamente raffinato e regolato alla perfezione, proprio come una
danza ben coreografata. Tuttavia, quando qualcosa interferisce con il meccanismo – ad esempio, se
il nostro corpo produce troppa insulina o se le cellule diventano meno sensibili ai suoi segnali – il
sistema si sbilancia, e possono insorgere problemi come l’insulino-resistenza e il diabete.
Comprendere il ruolo dell’insulina significa capire quanto sia importante mantenere un equilibrio
nel nostro organismo. Troppa insulina può essere dannosa, troppo poca può essere letale. Per
questo, attraverso la nostra alimentazione e il nostro stile di vita, possiamo fare molto per
supportare il lavoro di questo straordinario ormone e garantire che la sua “danza” con il glucosio
rimanga sempre armoniosa e ben orchestrata.
Quali sono i potenziali rischi legati ad un eccesso di produzione di questo ormone? Arriva la
notizia più preoccupante: l’insulina è un potente ormone pro-infiammatorio, e un suo eccesso nel
sangue può scatenare una vera e propria reazione a catena che alimenta l’infiammazione cronica.
Questo avviene attraverso tre principali meccanismi.
Favorisce l’accumulo di grasso viscerale, che non è un semplice deposito energetico, ma un vero e proprio organo endocrino che rilascia continuamente mediatori infiammatori nel sangue, mantenendo costantemente attivo uno stato di infiammazione sistemica.
Stimola la produzione di interleuchina-6 (IL-6), una citochina pro-infiammatoria, nota per il suo ruolo cruciale nei processi infiammatori acuti e cronici. Questa molecola è stata tristemente protagonista della cosiddetta “tempesta citochinica”, il fenomeno che ha aggravato le forme più severe di Covid-19, contribuendo alle complicanze più gravi.
Attiva l’enzima delta-5-desaturasi, che trasforma l’acido linoleico in acido arachidonico. Quest’ultimo è il precursore di una serie di molecole infiammatorie chiamate eicosanoidi, tra cui le prostaglandine e i leucotrieni, che intensificano la risposta infiammatoria dell’organismo.
Tutto questo ci fa comprendere come livelli elevati e persistenti di insulina nel sangue possano
trasformarsi in una miccia accesa per l’infiammazione cronica, una condizione silenziosa ma
insidiosa, che rappresenta il terreno fertile per lo sviluppo di molte malattie degenerative.
Ma da cosa deriva questo eccesso di insulina? Quando la nostra alimentazione è basata su un
consumo eccessivo di carboidrati.
Le azioni dannose dell’insulina, proprio a causa del suo stretto legame con il glucosio, non sono
un evento casuale, ma il risultato diretto delle nostre scelte alimentari quotidiane. Un’alimentazione
ricca di cibi che inondano l’organismo di glucosio costringe il pancreas a produrre insulina in
quantità elevate e persistenti, dando il via a un circolo vizioso che alimenta l’infiammazione e il
rischio di numerose patologie.
I principali responsabili di questo sovraccarico sono i carboidrati amidacei, come pane, pasta, pizza, patate, riso, cereali raffinati (e quelli integrali), spesso erroneamente considerati innocui (o addirittura salutari!).
A questi si aggiungono gli
zuccheri semplici, presenti in bevande zuccherate, dolci e prodotti ultraprocessati industriali, che
provocano picchi glicemici ancora più rapidi e intensi. L’abitudine a consumare questi alimenti in
modo regolare e abbondante mantiene costantemente attivo il meccanismo dell’iperinsulinemia,
trasformando quello che dovrebbe essere un ormone regolatore in un vero e proprio acceleratore di
processi infiammatori e degenerativi.
So che queste parole potrebbero turbare o quantomeno sorprendere molti lettori, abituati a sentir
dire che il nostro corpo ha bisogno degli zuccheri – cioè dei carboidrati – perché il glucosio
rappresenterebbe una fonte energetica indispensabile. Questo messaggio, spesso accompagnato,
addirittura, dalla “raccomandazione” di assumere il 50-70% delle calorie quotidiane (quello di
“calorie” è un altro concetto sul quale ci soffermeremo) proprio dai carboidrati, ha creato una
colossale confusione nelle persone.
Sfatiamo dunque la “fiaba” secondo cui gli zuccheri sarebbero indispensabili per sopravvivere.
L’unica verità scientifica è che solo alcune cellule, come i neuroni (e solo parzialmente), i globuli
rossi e le fibrocellule muscolari bianche di tipo IIb, hanno bisogno di glucosio per funzionare
correttamente. Ma non è affatto necessario introdurre carboidrati più volte al giorno per soddisfare
questa esigenza: il fegato è perfettamente in grado di produrre il glucosio necessario attraverso le sue riserve e la gluconeogenesi.
Anche la convinzione che il cervello possa funzionare solo con gli zuccheri è un altro mito da
sfatare. Sono passati più di cinquant’anni da quando lo scienziato americano George Cahill
dimostrò 1 che il cervello è perfettamente in grado di utilizzare i corpi chetonici come fonte
energetica alternativa al glucosio (tranquilli parleremo dei nostri amici chetoni più avanti). Questo
spiega, per esempio, il senso di benessere mentale e la straordinaria lucidità che spesso accompagnano i periodi prolungati di digiuno, come avviene in molte tradizioni ascetiche.
Ma cosa succede se crediamo a questa falsa narrazione? Il problema principale è che, basando la
nostra alimentazione su un eccesso di carboidrati, le nostre cellule si abituano a bruciare solo
glucosio riducendo progressivamente la capacità di utilizzare i grassi come fonte energetica, anche
nelle attività quotidiane più comuni. Questo fenomeno, noto come perdita della flessibilità
metabolica, è tutt’altro che fisiologico e ha conseguenze profonde sulla salute. Quando il
metabolismo è sbilanciato in favore degli zuccheri, si innesca una serie di reazioni a catena che
portano a stress ossidativo e all’acidificazione dell’ambiente extracellulare, creando un ambiente
biochimico ideale per lo sviluppo delle malattie cronico-degenerative, in particolare quelle
cardiovascolari.